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al testo di cristina bizzarri
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Oggi 4 novembre - invecchio. Sempre più sarò seduta al bar testimone di me e di quanto tutto intorno passa. La banda suona l'inno ma no, solo per caso sono capitata. Davanti alla piazza mi siedo accanto al mitico ragazzo del cinema - non solo biglietti, anche conversazioni sui film più interessanti - che più ragazzo non è. Intanto suonano i ragazzi sotto un leggero protettivo mantello di pioggia - e brillano gli ottoni e i loro occhi vestiti per oggi di serio entusiasmo - prima dell' ufficialità degli uomini. Suonano l'inno, i ragazzi, e come ogni inno raccontano di miti e sogni infranti - le guerre, le morti inutili ed eroiche di strati su strati di giovani che casualmente o per scelta stanno da una parte o dall'altra. Oggi Mariupol - non solo - tutto, proprio tutto è memoria se non hai travi dietro agli occhi. E non me ne frega niente di chi ha torto o chi ha ragione. Oggi come sempre non importa - è sempre troppo incomprensibile e troppo, troppo complicato. Mi alzo e faccio un giro per la piazza accerchiando i fulgenti suonatori - ma un travestito - bella donna adesso, di buone creme profumata e con aria di sfida triste e rassegnata - mi chiede fuoco per una sigaretta. Pesco, nella grande borsa dove sempre ultima la cosa che cherchi è quella poi trovata, l'accendino e nella coppa delle nostre mani unite accendo e fisso nei begli occhi che mi fissano. Sorride un sinuoso sorriso e improvvisamente mi abbraccia - forte - rendo l'abbraccio tra i suoi lunghi capelli neri e profumati. Mi trattiene e anch'io stringo nel lungo abbraccio. Una commozione lenta e progressiva mi accompagna accanto al rito di altri idoli seduti. Stanno, le lacrime, nei bordi, trattenute. E si mescola la giovane banda all'abbraccio ricevuto e dato. Cosa più vero? Cosa più misero e sublime? Che importa? Non me ne frega niente.
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